Giunti S.p.A.

Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo

Adottato ai sensi del Decreto Legislativo 8 giugno 2001, n. 231

Sommario

PREMESSA

Principi generali

Finalità del Modello

Struttura del Modello

Destinatari del Modello

SEZIONE PRIMA

  1. Il Decreto Legislativo 8 giugno 2001, n. 231

1.1 La disciplina della responsabilità amministrativa degli Enti

1.2 I reati e gli illeciti amministrativi

1.3 Le sanzioni previste

1.4 Le condizioni per l’esenzione della responsabilità

SEZIONE SECONDA

  1. Il Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo di Giunti

2.1 L’attività e la struttura organizzativa di Giunti

2.2 I presupposti del Modello

2.2.1 Il sistema di governance

2.2.2 Il sistema dei poteri

2.2.3 Il sistema di controllo interno

2.3 La costruzione del Modello

2.3.1 La mappa dei reati e degli illeciti rilevanti e delle attività a rischio

2.3.2 Il Codice Etico

  1. L’Organismo di Vigilanza

3.1 Le caratteristiche dell’Organismo di Vigilanza

3.2 L’identificazione dell’Organismo di Vigilanza

3.3 Le funzioni e i poteri dell’Organismo di Vigilanza

3.4 I meccanismi di segnalazione e informazione all’Organismo di Vigilanza

3.5 I meccanismi di reporting dell’Organismo di Vigilanza nei confronti degli organi societari

  1. Il sistema disciplinare.

4.1 Le funzioni del sistema disciplinare.

4.2 Le sanzioni nei confronti dei lavoratori dipendenti e dei dirigenti

4.3 Le sanzioni nei confronti degli Amministratori

4.4 Le sanzioni nei confronti dei Sindaci

  1. La diffusione del Modello

5.1 Il piano di comunicazione

5.2 Il piano di formazione

  1. L’aggiornamento del Modello

ALLEGATI


PREMESSA

Principi generali

Giunti S.p.A. (di seguito anche la “Società”) è da sempre sensibile all’esigenza di assicurare condizioni di correttezza e di trasparenza nella conduzione degli affari e delle attività aziendali, a tutela della propria posizione e dell’immagine, nonché delle aspettative della compagine sociale e dei propri dipendenti.

Per raggiungere tale obiettivo la Società ha deciso di dotarsi di un Modello di organizzazione, gestione e controllo (di seguito anche il “Modello”), previsto dal Decreto Legislativo 8 giugno 2001, n. 231(di seguito il “Decreto” o il “D.Lgs. 231/2001”).

Il presente documento, corredato di tutti i suoi Allegati, illustra quindi il Modello adottato dal Consiglio di Amministrazione della Società con delibera del 26 febbraio 2018 ai sensi del Decreto.

 

Finalità del Modello

Con l’adozione del presente Modello, la Società si propone di perseguire le seguenti principali finalità:

  • ribadire che ogni condotta illecita è fortemente condannata dalla Società, anche se ispirata ad un malinteso interesse sociale ed anche se la stessa non fosse apparentemente in condizione di trarne vantaggio;
  • determinare, in tutti coloro che operano in nome e per conto della Società e, in particolare, nelle aree individuate “a rischio” di realizzazione dei reati, la consapevolezza di rispettare necessariamente le regole aziendali e di poter incorrere, in caso di violazione delle medesime disposizioni, nella commissione di illeciti passibili di sanzioni penali, comminabili nei loro stessi confronti e di sanzioni amministrative irrogabili all’azienda;
  • consentire alla Società, grazie a un’azione di stretto controllo e monitoraggio sulle aree di attività sensibili e all’implementazione di strumenti ad hoc, di intervenire tempestivamente per prevenire o contrastare la commissione dei reati stessi.

 

Struttura del Modello

Il presente documento si compone di due sezioni:

  • Sezione prima: descrive i contenuti del Decreto Legislativo 8 giugno 2001, n. 231, richiama i reati e gli illeciti amministrativi che determinano la responsabilità amministrativa dell’Ente, le possibili sanzioni e le condizioni per l’esenzione della responsabilità.
  • Sezione seconda: descrive sinteticamente il modello di governo societario e di organizzazione e gestione della Società (modalità di costruzione, diffusione e aggiornamento), identifica la struttura, i ruoli e le responsabilità dell’Organismo di Vigilanza e illustra il sistema disciplinare interno finalizzato a sanzionare il mancato rispetto delle regole previste dal Modello stesso.

Costituiscono parte integrante del Modello gli allegati e la documentazione approvata dal Consiglio di Amministrazione di seguito elencata:

  • Organigramma della Società (Allegato 1);
  • I reati e gli illeciti amministrativi per i quali trova applicazione il D.Lgs. 231/2001 rispetto alle attività della Società (Allegato 2);
  • La mappatura dei rischi (cd. Framework) in relazione alle attività della Società (Allegato 3);
  • Il Codice Etico (Allegato 4).

 

Destinatari del Modello

Le regole contenute nel Modello si applicano agli esponenti aziendali e a tutto il personale della Società ed in particolare a coloro che svolgono, anche di fatto, le attività a rischio ai fini della normativa di cui al D.Lgs. 231/2001.

I collaboratori esterni e i consulenti sono tenuti al rispetto delle prescrizioni dettate dal D.Lgs. 231/2001 e dei principi etici adottati dalla Società.

 

 

 

SEZIONE PRIMA

  1. Il Decreto Legislativo 8 giugno 2001, n. 231

1.1 La disciplina della responsabilità amministrativa degli Enti

Il Decreto contenente la “Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica”, in attuazione della delega conferita al Governo con l’art. 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300[1], prevede la “responsabilità degli enti per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato”, che si applica agli enti dotati di personalità giuridica e alle società e associazioni anche prive di personalità giuridica.

Il Decreto, in vigore dal 4 luglio 2001, ha introdotto la detta responsabilità amministrativa degli Enti in aggiunta alla responsabilità penale della persona fisica che ha commesso il reato.

Secondo la disciplina introdotta dal Decreto, infatti, gli Enti possono essere ritenuti responsabili per alcuni reati commessi o tentati, nell’interesse o a vantaggio degli stessi enti, da esponenti dei vertici aziendali, in posizione apicale, che rivestano funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione della Società o di una loro Unità Organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale e da coloro che sono sottoposti alla direzione o vigilanza dei primi (art. 5, comma 1, del D. Lgs. n. 231/2001)[2] .

Come di seguito meglio precisato, l’esenzione dalla predetta responsabilità può essere riconosciuta all’Ente che abbia adottato, ed efficacemente attuato, un Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo idoneo a prevenire la realizzazione di reati e di illeciti amministrativi.

 

1.2 I reati e gli illeciti amministrativi

In base al Decreto, l’Ente può essere ritenuto responsabile soltanto per i reati espressamente richiamati da specifiche disposizioni normative. Nel corso degli anni si è assistito ad un progressivo “allargamento” dei reati e degli illeciti con riferimento ai quali si applica la normativa in esame.

Le fattispecie richiamate dal D.Lgs. n. 231/2001 che si sono ritenute applicabili alle attività della Società[3]:

  • reati contro la Pubblica Amministrazione;
  • delitti informatici e relativi al trattamento dei dati personali;
  • delitti contro l’industria e il commercio;
  • reati societari;
  • reati in violazione della normativa sulla sicurezza sul lavoro e sull’assunzione di lavoratori;
  • reati ambientali;
  • reati contro l’amministrazione della giustizia.

Tali reati possono comportare la responsabilità amministrativa dell’Ente avente sede principale nel territorio italiano anche se commessi all’estero[4], purché la fattispecie presupposto sia prevista tale dall’ordinamento estero.

 

1.3 Le sanzioni previste

Il Decreto prevede a carico degli Enti, in conseguenza della commissione o tentata commissione dei reati sopra menzionati, una serie articolata di sanzioni classificabili in quattro tipologie:

  • Sanzioni pecuniarie: si applicano ogniqualvolta venga accertata la responsabilità della persona giuridica e sono determinate dal giudice penale attraverso un sistema basato su «quote». Nell’ambito di un minimo e di un massimo di quote indicate dal legislatore per ciascun reato nonché del valore da attribuire ad esse, il Giudice penale stabilisce l’ammontare delle sanzioni pecuniarie.
  • Sanzioni interdittive: possono trovare applicazione per alcune tipologie di reato e per le ipotesi di maggior gravità. Si traducono nell’interdizione dall’esercizio dell’attività aziendale; nella sospensione e nella revoca delle autorizzazioni, delle licenze o delle concessioni funzionali alla commissione dell’illecito; nel divieto di contrattare con la pubblica amministrazione (salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio); nell’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e nell’eventuale revoca di quelli concessi; nel divieto di pubblicizzare beni o servizi.

Le sanzioni interdittive non si applicano (o sono revocate, se già applicate in via cautelare[5]) qualora l’Ente, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, abbia:

  • risarcito il danno o lo abbia riparato;
  • eliminato le conseguenze dannose o pericolose del Reato (o, almeno, si sia adoperato in tal senso);
  • messo a disposizione dell’Autorità Giudiziaria, per la confisca, il profitto del Reato;
  • eliminato le carenze organizzative che hanno determinato il Reato, adottando modelli organizzativi idonei a prevenire la commissione di nuovi Reati.
  • Confisca del prezzo o del profitto del reato: consiste nell’acquisizione del prezzo o del profitto del reato da parte dello Stato o nell’acquisizione di somme di danaro, beni o altre utilità di valore equivalente al prezzo o al profitto del Reato: non investe, tuttavia, quella parte del prezzo o del profitto del Reato che può restituirsi al danneggiato. La confisca è sempre disposta con la sentenza di condanna.
  • Pubblicazione della sentenza di condanna in uno o più giornali indicati dal Giudice nella sentenza, nonché mediante affissione nel comune ove l’Ente ha la sede principale. Può essere inflitta come pena accessoria nel caso in cui vengano irrogate sanzioni interdittive.

 

1.4 Le condizioni per l’esenzione della responsabilità

Il Decreto prevede, all’articolo 6, che gli Enti non rispondono del reato commesso nel loro interesse o vantaggio da uno dei soggetti apicali qualora siano in grado di provare:

(i) di aver adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del reato, un modello di organizzazione e gestione idoneo a prevenire la commissione di reati della specie di quello verificatosi;

(ii) di aver affidato ad un proprio organismo, dotato di autonomi poteri di iniziativa e controllo, il compito di vigilare sul funzionamento e l’osservanza del modello e di curarne l’aggiornamento;

(iii) che la commissione del reato da parte dei Soggetti Apicali si è verificata solo a seguito dell’elusione fraudolenta del predisposto modello di organizzazione e gestione;

(iv) che la commissione del reato non è stata conseguente ad una omessa o insufficiente vigilanza da parte dell’organismo di vigilanza.

Nel caso in cui, invece, il reato venga commesso da soggetti sottoposti alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti sopra indicati, l’Ente è responsabile se la commissione del reato è stata resa possibile dall’inosservanza degli obblighi di direzione e vigilanza. In tale ipotesi, ai sensi dell’articolo 7 del Decreto, l’adozione ed efficace attuazione di un Modello di organizzazione e gestione volto alla prevenzione dei reati della specie di quello verificatosi ha, di per sé, efficacia esimente da responsabilità per l’Ente.

Ai sensi degli articoli 12 e 17 del Decreto l’adozione di un Modello di organizzazione e di gestione rileva, oltre che come possibile esimente per l’Ente dalla responsabilità amministrativa, anche ai fini della riduzione della sanzione pecuniaria e della inapplicabilità delle sanzioni interdittive, purché esso sia adottato in un momento anteriore alla dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado e risulti idoneo a prevenire la commissione dei reati della specie di quelli verificatesi.

Gli elementi qualificanti del Modello di organizzazione e gestione di un Ente, ai sensi del secondo comma dell’articolo 6 del Decreto, sono:

(i) mappa delle attività nel cui ambito possono essere commessi i reati previsti dal Decreto;

(ii) protocolli volti a programmare la formazione e l’attuazione delle decisioni dell’ente in relazione ai reati da prevenire;

(iii) procedure finalizzate a disciplinare le modalità di gestione delle risorse finanziarie, idonee ad impedire che si verifichino situazioni atte a favorire la commissione di reati, quali tipicamente la creazione di fondi occulti;

(iv) obblighi di informazione da parte dei responsabili delle funzioni aziendali nei confronti dell’organismo deputato a vigilare sul funzionamento del Modello;

(v) sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle disposizioni del Modello, al fine di garantirne l’efficace attuazione.

Il Modello consiste, pertanto, in un insieme di regole comportamentali e di principi di controllo volti alla prevenzione della realizzazione dei comportamenti illeciti rilevanti ai sensi del Decreto e a garantire lo svolgimento delle attività aziendali nel rispetto della legge ed in una serie di meccanismi di segnalazione e comunicazione delle intervenute violazioni alle suddette regole e principi.

 

SEZIONE SECONDA

  1. Il Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo di Giunti

2.1 L’attività e la struttura organizzativa di Giunti

L’attività di Giunti consiste nella concezione, produzione e distribuzione di prodotti per l’irrigazione professionale di terreni agricoli, parchi e grandi giardini.

 

2.2 I presupposti del Modello

Nella predisposizione del presente Modello si è tenuto anzitutto conto della normativa, delle prassi e della documentazione in ottemperanza alle prescrizioni di cui al D.lgs. 81/2008 relativo alla Società.

Quali specifici strumenti già esistenti e diretti a programmare la formazione e l’attuazione delle decisioni aziendali e ad effettuare i controlli sulle attività aziendali, la Società ha individuato i seguenti strumenti:

  • Sistema di governance
  • Sistema dei poteri
  • Sistema di controllo interno

 

2.2.1 Il sistema di governance

La Società è governata secondo un sistema di governance tradizionale. In particolare, l’Organo amministrativo è rappresentato da un Consiglio di Amministrazione di 5 persone (un Presidente, legale rappresentante; quattro amministratori). L’Organo con Funzioni di Controllo è rappresentato da un Collegio Sindacale.

La Società a partire da questo anno sottopone volontariamente a revisione annuale i propri bilanci.

 

2.2.2 Il sistema dei poteri

Il sistema dei poteri della Società vede la concentrazione delle deleghe congiunte o disgiunte in capo al Presidente del Consiglio di Amministrazione e al Direttore Generale.

Solo i soggetti muniti di formali e specifici poteri possono assumere impegni verso i terzi in nome e per conto di ciascuna società rappresentata.

I poteri sono di tipo institorio oppure concessi per mezzo di procura.

Tutti i soggetti apicali muniti di poteri sono, laddove applicabile, inquadrati con ruoli tali da attribuire loro l’autorità e la sostanziale e non unicamente formale possibilità di svolgere efficacemente ed efficientemente le attività demandate.

 

2.2.3 Il sistema di controllo interno

Il sistema di controllo interno della Società è costituito dall’insieme di regole, strutture organizzative, prassi, normative interne che garantiscono il funzionamento operativo.

I controlli di primo livello sono disciplinati da processi interni e sono eseguiti dai soggetti apicali o comunque la loro esecuzione è da questi verificata.

Il controllo interno è operato in maniera indipendente dal Collegio Sindacale e da soggetti esterni quali il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione

 

2.3 La costruzione del Modello

La “costruzione” del presente Modello ha preso l’avvio dall’analisi delle attività della Società e dal suo sistema di governance.

Il processo di costruzione del Modello si è dunque sviluppato in diverse fasi, basate sul rispetto dei principi di tracciabilità e verificabilità delle attività svolte.

Il punto di partenza è stato l’individuazione della mappa delle attività a rischio cioè delle attività nel cui ambito possono essere commessi i reati e gli illeciti rilevanti, secondo quanto espressamente previsto dall’art. 6, comma 2, lett. (a), del Decreto. Questo ha generato la mappa dei reati e degli illeciti rilevanti (Allegato 2 – cfr. anche paragrafo 1.3.1) ed il Framework dei rischi di cui all’Allegato 3 (cfr. paragrafo 1.3.1).

Si è quindi provveduto all’elaborazione di un Codice Etico (Allegato 4 – cfr. anche paragrafo 1.3.2),secondo quanto richiesto dall’art. 6, comma 2, lett. (b), del D.Lgs. 231/01.

In conformità a quanto richiesto dagli artt. 6, comma 2, lett. (d) e lett. (e), del Decreto, si è provveduto quindi alla strutturazione dell’Organismo di Vigilanza (così come riportato nel successivo capitolo 2), espressamente preposto al presidio dell’effettiva applicazione del Modello ed alla sua costante verifica in termini di adeguatezza ed efficacia; con riferimento all’apparato sanzionatorio si è validato e dunque si è fatto riferimento a quello esistente, almeno per quanto riguarda i rapporti di lavoro dipendente; infine ci si è soffermati sulle modalità di diffusione del Modello e di relativa formazione del personale (così come indicato nel successivo capitolo 4).

 

2.3.1 La mappa dei reati e degli illeciti rilevanti e delle attività a rischio

La prima attività è consistita nell’individuazione di quali fattispecie penali sono applicabili come reati presupposto all’attività della Società (vd. Allegato 2). Per questa ragione si è ritenuto che alcuni reati ed illeciti presupposto (per es. in materia di pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili, di i reati ed illeciti amministrativi di abuso di mercato …) non fossero riconducibili alla specifica attività svolta dalla Società e dunque non presentino profili di rischio tali da rendere ragionevolmente fondata la possibilità della loro commissione nell’interesse o a suo vantaggio. Per la loro prevenzione si è pertanto stimato esaustivo il richiamo ai principi contenuti sia nel presente Modello che nel Codice di Etico, ove si vincolano gli esponenti aziendali e i dipendenti al rispetto dei valori di solidarietà, tutela della personalità individuale, correttezza, moralità e rispetto della normativa

L’individuazione delle fattispecie penali e degli illeciti è stata poi successivamente verificata nel concreto durante la mappatura delle attività a rischio. Questa ha preso avvio dall’analisi della documentazione disponibile e da approfondimenti tramite intervista ai soggetti apicali e ai responsabili di reparto, al fine di costruire un Modello il più possibile aderente agli specifici ambiti operativi e alla struttura organizzativa della Società, con riferimento ai rischi di reato in concreto prospettabili.

Le interviste, infatti, finalizzate altresì ad avviare il processo di sensibilizzazione rispetto alle previsioni di cui al D.Lgs. 231/2001, alle attività di adeguamento della Società o al predetto Decreto, all’importanza del rispetto delle regole interne adottate dalla Società per la prevenzione dei reati, sono state condotte con l’obiettivo di individuare le attività potenzialmente a rischio di commissione dei reati previsti dal Decreto nonché i presidi già esistenti atti a mitigare i predetti rischi.

E’ stata così effettuata una mappatura di tutte le attività della Società, con evidenza dello specifico profilo di rischio.

I risultati di tale attività sono riportate nel documento denominato “Framework” di cui all’Allegato 3, conformemente a quanto previsto dall’art. 6, comma 2, lett. (a), del Decreto . Il Framework riporta le aree di attività aziendali individuate come a rischio, suddivise per grado, la descrizione analitica del rischio e la connessione ad uno o più gruppi di reati presupposto.

Il Framework si presta dunque ad un utilizzo dinamico in quanto dovrebbe costituire istante per istante la rappresentazione dell’esposizione al rischio della Società.

 

2.3.2 Il Codice Etico

Per quanto concerne le norme etico-comportamentali, la Società ha adottato un Codice Etico (Allegato 4), improntato alle esigenze espresse dal D.Lgs. 231/2001 ed ispirato alla sana, trasparente e corretta gestione che completerà e integrerà tutta la normativa interna, presente e futura.

Il Codice Etico rende espliciti i fondamenti della cultura aziendale e i valori di riferimento della Società dai quali fa derivare regole concrete di comportamento verso tutti i soggetti interni ed esterni, che hanno direttamente o indirettamente una relazione con la stessa: i clienti, i soci e i collaboratori in primo luogo, ma anche i fornitori, i partner commerciali, la comunità, i territori e l’ambiente in cui si opera.

 

 

 

SEZIONE TERZA

  1. L’Organismo di Vigilanza

3.1 Le caratteristiche dell’Organismo di Vigilanza

L’art. 6, comma 2, lett. (b) del Decreto condiziona l’esenzione dalla responsabilità amministrativa dell’Ente all’adozione del Modello e all’istituzione di un Organismo interno all’Ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo, che vigili sul funzionamento e l’osservanza del Modello stesso e che ne curi l’aggiornamento.

Tale Organismo di Vigilanza deve essere “dotato di autonomi poteri di iniziativa e controllo”, volti ad assicurare un’effettiva ed efficace attuazione del Modello. Oltre all’autonomia dei poteri, le Linee Guida delle Associazioni di categoria nonché le pronunce della magistratura in materia hanno indicato come necessari anche i requisiti di professionalità e di continuità di azione.

Quanto alla caratteristica dell’autonomia dei poteri di iniziativa e controllo è necessario:

  • che sia garantita all’Organismo di Vigilanza l’indipendenza gerarchica rispetto a tutti gli organi sociali sui quali è chiamato a vigilare. L’attività di reporting dell’Organismo di Vigilanza sarà pertanto indirizzata al Consiglio di Amministrazione e al Collegio Sindacale;
  • che i suoi componenti non siano direttamente coinvolti in attività gestionali che risultino oggetto del controllo da parte del medesimo Organismo di Vigilanza;
  • che sia dotato di autonomia finanziaria.

Per quanto attiene al requisito della professionalità, è necessario che l’Organismo di Vigilanza sia in grado di assolvere le proprie funzioni ispettive rispetto all’effettiva applicazione del Modello e che, al contempo, abbia le necessarie qualità per garantire la dinamicità del Modello medesimo, attraverso proposte di aggiornamento da indirizzare al vertice societario.

Quanto, infine, alla continuità di azione, l’Organismo di Vigilanza dovrà garantire la costante attività di monitoraggio e di aggiornamento del Modello e la sua variazione al mutare delle condizioni aziendali di riferimento e rappresentare un referente costante per i Destinatari del Modello.

Per quanto concerne la composizione dell’Organismo di Vigilanza, le Linee Guida delle associazioni di categoria suggeriscono diverse soluzioni, in ragione delle dimensioni e dell’operatività dell’Ente: sono, pertanto, ritenute percorribili sia ipotesi di definizione di strutture appositamente create nell’Ente, che l’attribuzione dei compiti dell’Organismo di Vigilanza a organi già esistenti. Del pari, e sempre in ragione dei connotati della persona giuridica, possono prescegliersi sia strutture a composizione collegiale che monosoggettiva.

Infine, nell’enucleazione dei componenti dell’Organismo di Vigilanza, è possibile affidare detta qualifica a soggetti esterni, che posseggano le specifiche competenze necessarie per la migliore esecuzione dell’incarico.

 

3.2 L’identificazione dell’Organismo di Vigilanza

In assenza di riferimenti normativi, la concreta costituzione dell’Organismo di Vigilanza è rimessa all’iniziativa organizzativa dell’Ente, sempre in funzione del quadro delineato dal Decreto.

In ottemperanza, quindi, a quanto stabilito dall’art. 6, comma 1, lett. (b), del Decreto, la Società ha optato per una composizione monocratica dell’Organismo di Vigilanza.

L’Organismo di Vigilanza è nominato con delibera del Consiglio di Amministrazione della Società e rimane in carica per un periodo di tre anni con possibilità di essere nominato al termine del mandato.

In occasione della nomina, sono determinate le adeguate risorse finanziarie annue di cui l’Organismo di Vigilanza dispone per assolvere le proprie funzioni e il compenso annuo spettante al componente dell’Organismo di Vigilanza medesimo.

La nomina quale componente monocratico dell’Organismo di Vigilanza è condizionata dalla presenza dei requisiti soggettivi di eleggibilità. La Società ha stabilito che il componente monocratico dell’Organismo di Vigilanza deve essere in possesso dei requisiti di professionalità e di onorabilità analoghe a quelli previsti dalla normativa per gli esponenti aziendali di società quotate. In particolare, i componenti dell’Organismo di Vigilanza devono attestare con apposita dichiarazione all’atto della nomina, l’assenza di cause di “ineleggibilità”, cioè, e a titolo esemplificativo, di non essere stati condannati con sentenza ancorché non definitiva, o con sentenza di applicazione della pena su richiesta (emessa ex artt. 444 e ss. c.p.p.) e anche se con pena condizionalmente sospesa, salvi gli effetti della riabilitazione:

  1. alla reclusione per un tempo non inferiore ad un anno per uno dei delitti previsti dal regio decreto 16 marzo 1942, n. 267;
  2. a pena detentiva per un tempo non inferiore ad un anno per uno dei reati previsti dalle norme che disciplinano l’attività bancaria, finanziaria, mobiliare, assicurativa e dalle norme in materia di mercati e valori mobiliari, di strumenti di pagamento;
  3. alla reclusione per un tempo non inferiore ad un anno per un delitto contro la pubblica amministrazione, contro la fede pubblica, contro il patrimonio, contro l’economia pubblica, per un delitto in materia tributaria;
  4. per un qualunque delitto non colposo alla pena della reclusione per un tempo non inferiore a due anni;
  5. per uno dei reati previsti dal titolo XI del libro V del codice civile così come riformulato del D.Lgs. 61/02;
  6. per un reato che importi e abbia importato la condanna ad una pena da cui derivi l’interdizione, anche temporanea, dai pubblici uffici, ovvero l’interdizione temporanea dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese;
  7. per uno o più reati tra quelli tassativamente previsti dal Decreto anche se con condanne a pene inferiori a quelle indicate ai punti precedenti
  8. per una delle misure di prevenzione previste dall’art. 10, comma 3, della legge 31 maggio 1965, n. 575, come sostituito dall’articolo 3 della legge 19 marzo 1990, n. 55 e successive modificazioni;
  9. per le sanzioni amministrative accessorie previste dall’art. 187- quater del Decreto Legislativo n. 58/1998 (TUF).

L’eventuale revoca del componente dell’Organismo di Vigilanza dovrà essere deliberata dal Consiglio di Amministrazione della Società e potrà esclusivamente disporsi per ragioni connesse a gravi inadempimenti rispetto al mandato assunto, ivi comprese le violazioni degli obblighi di riservatezza e le intervenute cause di ineleggibilità sopra riportate.

Il componente dell’Organismo di Vigilanza decade dalla carica nel momento in cui si venga a trovare successivamente alla sua nomina:

  1. in una delle situazioni contemplate nell’art. 2399 c.c.;
  2. condannato con sentenza definitiva (intendendosi per sentenza di condanna anche quella pronunciata ex art. 444 c.p.p.) per uno dei reati indicati ai numeri 1, 2, 3, 4, 5, 6 e 7 delle condizioni di ineleggibilità innanzi indicate.

Costituiscono cause di sospensione dalla funzione di componente dell’Organismo di Vigilanza:

  1. la condanna con sentenza non definitiva per uno dei reati dei numeri da 1 a 7 delle condizioni di ineleggibilità innanzi indicate;
  2. l’applicazione su richiesta delle parti di una delle pene di cui ai numeri da 1 a 7 delle condizioni di ineleggibilità innanzi indicate;
  3. l’applicazione di una misura cautelare personale;
  4. l’applicazione provvisoria di una delle misure di prevenzione previste dall’art. 10, comma 3, della legge 31 maggio 1965, n. 575, come sostituito dall’articolo 3 della legge 19 marzo 1990, n. 55 e successive modificazioni e delle sanzioni amministrative accessorie previste dall’art. 187- quater del Decreto Legislativo n. 58/1998 (TUF).

 

3.3 Le funzioni e i poteri dell’Organismo di Vigilanza

La disposizione di cui all’art. 6 del Decreto espressamente stabilisce che i compiti dell’Organismo di Vigilanza sono la vigilanza sul funzionamento e sull’osservanza del Modello, nonché la cura del suo aggiornamento.

In particolare, l’Organismo di Vigilanza dovrà svolgere i seguenti specifici compiti:

  1. Vigilare sull’effettiva capacità del Modello di prevenire la commissione dei reati previsti dal Decreto, e più precisamente dovrà anche con l’aiuto delle strutture aziendali preposte alla vigilanza sulla sicurezza del posto di lavoro (RSPP) e con l’aiuto dei consulenti sulla sicurezza ambientale:
  • condurre ricognizioni dell’attività aziendale ai fini della mappatura aggiornata delle aree di attività a rischio nell’ambito del contesto aziendale;
  • definire le aree di attività a rischio avvalendosi delle funzioni aziendali competenti. A tale scopo, l’Organismo di Vigilanza viene tenuto costantemente informato dell’evoluzione delle attività nelle suddette aree;
  • verificare l’adeguatezza delle soluzioni organizzative adottate per l’attuazione del Modello (definizione delle clausole standard, formazione del personale, provvedimenti disciplinari, …), avvalendosi delle informazioni provenienti dalle unità organizzative competenti.
  1. Vigilare sull’osservanza delle prescrizioni del Modello da parte dei destinatari, verificando la coerenza tra i comportamenti concreti ed il Modello definito, proponendo l’adozione degli interventi correttivi e l’avvio dei procedimenti disciplinari nei confronti dei soggetti interessati. Più precisamente dovrà:
  • promuovere idonee iniziative per la diffusione della conoscenza e della comprensione dei principi del Modello;
  • raccogliere, elaborare e conservare le informazioni rilevanti in ordine al rispetto del Modello, nonché aggiornare la lista di informazioni che devono essere trasmesse all’Organismo di Vigilanza o messe a sua disposizione;
  • in ogni caso, effettuare periodicamente verifiche sull’operatività posta in essere nell’ambito delle aree di attività “sensibili”;
  • condurre le indagini interne per l’accertamento di presunte violazioni delle prescrizioni del Modello.
  1. Effettuare proposte di aggiornamento del Modello, laddove si riscontrino esigenze di adeguamento in relazione all’ampliamento del novero dei reati e degli illeciti presupposto di applicazione del Decreto ovvero alle sopravvenute variazioni organizzative, e di monitoraggio della loro realizzazione. In particolare dovrà:
  • sulla base delle risultanze emerse dalle attività di verifica e controllo, esprimere periodicamente una valutazione sull’adeguatezza del Modello rispetto alle prescrizioni del Decreto, ai principi di riferimento, alle novità normative e agli interventi giurisprudenziali di rilievo, nonché sull’operatività degli stessi;
  • in relazione a tali valutazioni, presentare periodicamente al Consiglio di Amministrazione della Società:
    • le proposte di adeguamento del Modello alla situazione desiderata;
    • le azioni necessarie per la concreta implementazione del Modello (integrazione o concreta attuazione delle procedure interne, adozione di clausole contrattuali standard, …);
  • verificare periodicamente l’attuazione ed effettiva funzionalità delle soluzioni/azioni correttive proposte.

Nello svolgimento delle proprie attività di vigilanza e controllo l’Organismo di Vigilanza, senza la necessità di alcuna preventiva autorizzazione, avrà libero accesso presso tutte le strutture e uffici della Società e potrà interloquire con qualsiasi soggetto operante nelle suddette strutture ed uffici, al fine di ottenere ogni informazione o documento che esso ritenga rilevante.

Tenuto conto delle peculiarità e delle responsabilità attribuite all’Organismo di Vigilanza e dei contenuti professionali specifici da esse richieste, al fine di svolgere appieno i propri compiti di vigilanza e controllo, l’Organismo di Vigilanza si avvale ordinariamente del supporto di alcune strutture aziendali ed in primis del RSPP e delle altre figure previste dal D. Lgs. n. 81/2008.

Laddove ne ravvisi la necessità, in funzione della specificità degli argomenti trattati, l’Organismo di Vigilanza può avvalersi di consulenti esterni.

Ai fini di un pieno e autonomo adempimento dei propri compiti, all’Organismo di Vigilanza è assegnato un budget annuo adeguato, stabilito con delibera dal Consiglio di Amministrazione, che dovrà consentire all’Organismo di Vigilanza di poter svolgere i suoi compiti in piena autonomia, senza limitazioni che possano derivare da insufficienza delle risorse finanziarie in sua dotazione.

Per tutti gli altri aspetti l’Organismo di Vigilanza provvederà ad autoregolamentarsi attraverso la formalizzazione, nell’ambito di un regolamento, di una serie di norme che ne garantiscano il miglior funzionamento.

 

3.4 I meccanismi di segnalazione e informazione all’Organismo di Vigilanza

A norma dell’art. 6, comma 2, lettera (d), del Decreto, tra le esigenze cui deve rispondere il Modello è specificata la previsione di “obblighi di informazione nei confronti dell’organismo deputato a vigilare sul funzionamento e l’osservanza dei modelli”.

L’Organismo di Vigilanza deve essere informato da parte dei Destinatari del Modello in merito ad eventi che potrebbero ingenerare responsabilità ai sensi dal Decreto o che comunque rappresentano infrazioni alle regole societarie. Del pari, all’Organismo di Vigilanza deve essere trasmesso ogni documento che denunci tali circostanze.

L’obbligo di informativa verso l’Organismo di Vigilanza si concretizza attraverso:

  • Flussi informativi periodici: informazioni, dati e notizie circa l’aderenza ai principi di controllo e comportamento sanciti dal Modello, dal Codice di Etico e dalla normativa interna e trasmesse all’Organismo di Vigilanza dalle singole aree aziendali coinvolte nelle attività potenzialmente a rischio, nei tempi e nei modi che saranno definiti e comunicati dall’Organismo di Vigilanza medesimo.

Le aree coinvolte garantiranno la documentabilità dei processi seguiti comprovante il rispetto della normativa e delle regole di comportamento e di controllo previste dal Modello, tenendo a disposizione dell’Organismo di Vigilanza la documentazione all’uopo necessaria.

  • Segnalazioni occasionali: informazioni di qualsiasi genere, non rientranti nella categoria precedente, provenienti anche da terzi, attinenti ad eventuali violazioni delle prescrizioni del Modello o comunque conseguenti a comportamenti non in linea con le regole adottate dalla Società nonché inerenti alla commissione di reati, che possano essere ritenute utili ai fini dell’assolvimento dei compiti dell’Organismo di Vigilanza.

Oltre a tali segnalazioni, devono essere obbligatoriamente trasmesse all’Organismo di Vigilanza le informazioni concernenti:

      • provvedimenti e/o le notizie aventi ad oggetto l’esistenza di un procedimento penale, anche nei confronti di ignoti, relativo a fatti di interesse per la Società;
      • provvedimenti e/o le notizie aventi ad oggetto l’esistenza di procedimenti amministrativi o controversie civili di rilievo relativi a richieste o iniziative di Autorità indipendenti, dell’amministrazione finanziaria, di amministrazioni locali, ai contratti con la Pubblica Amministrazione;
      • richieste di assistenza legale inoltrate alla Società dal personale in caso di avvio di procedimenti penali o civili nei loro confronti;
    • Per il tramite del Datore di Lavoro della Società ai sensi del D. Lgs. n. 81/2008:
      • le relazioni annuali con le quali viene comunicato l’esito della attività svolta in relazione alla organizzazione ed ai controlli effettuati in materia di salute e sicurezza sul lavoro;
      • informazioni relative all’accadimento di incidenti che hanno provocato il decesso o lesioni gravi o gravissime di personale;
      • informazioni relative alle eventuali visite ispettive condotte da funzionari della Pubblica Amministrazione;
      • informazioni riguardanti le eventuali modifiche al Documento di Valutazione dei Rischi;
      • informazioni riguardanti le violazioni da parte delle funzioni preposte (accertate internamente o ad opera di autorità competenti), relative ad adempimenti richiesti dalla normativa in materia di salute e sicurezza dell’ambiente di lavoro e relative azioni correttive intraprese.

Le segnalazioni dovranno essere fatte in forma scritta e non anonima (cioè sottoscritte dal segnalante), attraverso i canali informativi “dedicati” che saranno comunicati dall’Organismo di Vigilanza.

L’Organismo di Vigilanza tutela in maniera assoluta l’identità del segnalante ai sensi della normativa vigente sui sistemi di segnalazione delle violazioni (cd. whistleblowing).

L’Organismo di Vigilanza valuta le segnalazioni e le informazioni ricevute e le eventuali conseguenti iniziative da porre in essere, in conformità a quanto previsto dal sistema disciplinare interno, ascoltando eventualmente l’autore della segnalazione e/o il responsabile della presunta violazione, motivando per iscritto l’eventuale decisione.

L’Organismo di Vigilanza agisce garantendo i segnalanti contro qualsiasi forma di ritorsione, discriminazione o penalizzazione, ed assicurando la massima riservatezza in merito all’identità del segnalante e a qualsiasi notizia, informazione, segnalazione, a pena di revoca del mandato, fatte salve le esigenze inerenti lo svolgimento delle indagini nell’ipotesi in cui sia necessario il supporto di consulenti esterni all’Organismo di Vigilanza o di altre strutture societarie.

Ogni informazione e segnalazione di cui al presente Modello è conservata dall’Organismo di Vigilanza in un apposito archivio informatico e/o cartaceo, in conformità alle disposizioni previste dalla normativa sulla privacy. L’accesso a detto archivio è consentito esclusivamente ai componenti dell’Organismo di Vigilanza e per le sole ragioni connesse all’espletamento dei compiti innanzi rappresentati.

 

3.5 I meccanismi di reporting dell’Organismo di Vigilanza nei confronti degli organi societari

Al fine di garantire la sua piena autonomia e indipendenza nello svolgimento delle proprie funzioni, l’Organismo di Vigilanza riporta direttamente al Consiglio di Amministrazione della Società.

L’Organismo di Vigilanza, su base almeno semestrale, trasmette al Consiglio di Amministrazione ed al Collegio Sindacale una specifica informativa sull’adeguatezza e sull’osservanza del Modello, che ha ad oggetto:

  • le attività e le verifiche svolte nel periodo di riferimento
  • le eventuali criticità emerse;
  • le segnalazioni ricevute;
  • le sanzioni disciplinari eventualmente irrogate dai soggetti aziendali competenti;
  • gli interventi correttivi e migliorativi del Modello pianificati ed il loro stato di realizzazione.

L’Organismo di Vigilanza potrà chiedere di essere sentito dal Consiglio di Amministrazione della Società ogniqualvolta ritenga opportuno interloquire con detto organo. Del pari, all’Organismo di Vigilanza è riconosciuta la possibilità di chiedere chiarimenti ed informazioni al Consiglio di Amministrazione.

D’altra parte, l’Organismo di Vigilanza potrà essere convocato in ogni momento dagli organi societari per riferire su particolari eventi o situazioni inerenti al funzionamento ed al rispetto del Modello.

Gli incontri tra detti organi e l’Organismo di Vigilanza devono essere verbalizzati e copia dei verbali deve essere custodita dall’Organismo di Vigilanza nonché dagli organismi di volta in volta coinvolti.

L’Organismo di Vigilanza altresì ha il potere ed il diritto di interloquire direttamente con il Collegio Sindacale della Società.

SEZIONE QUARTA

  1. Il sistema disciplinare

4.1 Le funzioni del sistema disciplinare

L’applicazione di sanzioni disciplinari in caso di violazione degli obblighi previsti dal Modello costituisce una condizione essenziale per l’efficiente attuazione del Modello stesso, infatti, l’art. 6, comma 2, del Decreto, nell’elencare gli elementi che si devono rinvenire all’interno dei Modelli predisposti dalla Società, alla lettera e) espressamente prevede che la Società ha l’onere di “introdurre un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate dal modello”.

La Società, al fine di indurre i soggetti che agiscono in suo nome o per suo conto ad operare nel rispetto del Modello, ha quindi istituito un sistema disciplinare specifico, volto a punire tutti quei comportamenti che integrino violazioni del Modello e dei suoi allegati, attraverso l’applicazione di sanzioni specifiche derivanti da un raccordo tra le previsioni della normativa giuslavoristica ed i principi e le esigenze del Modello.

Tale sistema disciplinare si rivolge quindi a tutti i soggetti che collaborano con la Società a titolo di lavoratori dipendenti (dirigenti e non dirigenti), amministratori, sindaci, lavoratori autonomi, collaboratori e consulenti terzi che operano per conto o nell’ambito della Società e tutti coloro che hanno rapporti contrattuali con la Società per lo svolgimento di qualsiasi prestazione lavorativa.

L’Organismo di Vigilanza, qualora rilevi nel corso delle sua attività di verifica e controllo una possibile violazione del Modello e dei suoi allegati, darà impulso al procedimento disciplinare contro l’autore della potenziale infrazione, in misura autonoma rispetto ad eventuali azioni penali dell’autorità giudiziaria a carico del dipendente.

L’accertamento dell’effettiva responsabilità derivante dalla violazione del Modello e l’irrogazione della relativa sanzione, avrà luogo nel rispetto delle disposizioni di legge vigenti, delle norme della contrattazione collettiva applicabile, delle procedure interne, delle disposizioni in materia di privacy e nella piena osservanza dei diritti fondamentali della dignità e della reputazione dei soggetti coinvolti.

 

4.2 Le sanzioni nei confronti dei lavoratori dipendenti e dei dirigenti

Le violazioni delle regole comportamentali previste dal Modello e dai suoi Allegati commesse dai lavoratori dipendenti e dei dirigenti costituiscono inadempimento contrattuale e pertanto potranno comportare l’adozione di sanzioni disciplinari, nei limiti stabiliti dal contratto collettivo applicabile al rapporto di lavoro oppure alle pattuizioni individuali.

I lavoratori dipendenti ed i dirigenti sono edotti delle sanzioni disciplinari applicabili in quanto le stesse sono portate loro a conoscenza tramite le modalità previste dalla normativa applicabile al rapporto di lavoro.

 

4.3 Le sanzioni nei confronti degli Amministratori

In caso di accertata violazione da parte di uno o più amministratori della Società delle disposizioni e delle procedure previste dal Modello e dai suoi Allegati, ed in particolare nell’ipotesi di accertata commissione di un reato rilevante ai sensi del Decreto dal quale possa discendere una responsabilità amministrativa della Società, l’Organismo di Vigilanza informerà immediatamente il Consiglio di Amministrazione per la valutazione dell’infrazione e per l’assunzione (a maggioranza assoluta dei presenti) dei provvedimenti più idonei nei confronti del o degli amministratori che hanno commesso le infrazioni, sentito il parere del Collegio Sindacale.

Il Consiglio di Amministrazione, ai sensi dell’art. 2406 c.c ed in ossequio alle disposizioni di legge applicabili, convocherà l’Assemblea dei Soci per le deliberazioni di eventuale revoca del mandato o di azione di responsabilità nei confronti degli amministratori ai sensi dell’art. 2393 c.c.

Resta salvo in ogni caso il diritto della Società ad agire per il risarcimento del maggior danno subito a causa del comportamento dell’Amministratore.

 

4.4 Le sanzioni nei confronti dei Sindaci

Alla notizia di violazione delle prescrizioni del Modello da parte di uno o più componenti del Collegio Sindacale (monocratico o collegiale), l’Organismo di Vigilanza invierà immediatamente una relazione scritta al Consiglio di Amministrazione ed al Collegio Sindacale medesimo, per l’adozione di ogni più opportuna iniziativa.

Il Collegio Sindacale procederà agli accertamenti necessari ed assumerà, di concerto con il Consiglio di Amministrazione, gli opportuni provvedimenti, tra cui la convocazione dell’Assemblea dei Soci ai sensi dell’art. 2407 c.c. per le deliberazioni di eventuale revoca del mandato o di azione di responsabilità nei confronti degli stessi.

Resta salvo in ogni caso il diritto della Società ad agire per il risarcimento del maggior danno subito a causa del comportamento del Sindaco.

 

SEZIONE QUINTA

  1. La diffusione del Modello

L’adeguata diffusione dei principi e delle prescrizioni contenute nel Modello rappresentano fattori di grande importanza per la corretta ed efficace attuazione del sistema di prevenzione aziendale.

Ai fini dell’efficace attuazione del Modello, è obiettivo generale della Società garantire verso tutti i Destinatari una corretta conoscenza e divulgazione delle regole ivi contenute. Tutto il personale dipendente della Società compresi i dirigenti, gli amministratori, i sindaci, i consulenti ed i collaboratori esterni sono tenuti ad avere piena conoscenza sia degli obiettivi di correttezza e trasparenza che si intendono perseguire con il Modello, sia delle modalità attraverso le quali la Società ha inteso perseguirli.

Obiettivo di carattere particolare è poi rappresentato dalla necessità di garantire l’effettiva conoscenza delle prescrizioni del Modello e le ragioni sottese ad un’efficace attuazione nei confronti di risorse le cui attività sono state riscontrate a rischio. Tali determinazioni sono indirizzate verso le attuali risorse della Società, nonché verso quelle ancora da inserire. A tale proposito la Società ha definito un piano di comunicazione e un piano di formazione finalizzato a diffondere ed illustrare a tutto il personale il Modello.

 

5.1 Il piano di comunicazione

L’adozione del presente Modello è comunicata ai Destinatari attraverso l’invio di una lettera/ di una e-mail a firma del Presidente del Consiglio di Amministrazione

Il Modello è pubblicato in stampa cartacea nella bacheca aziendale.

Ai nuovi assunti sarà data comunicazione dell’adozione del Modello, nonché copia cartacea dello stesso e dei suoi allegati, unitamente alla documentazione prevista in sede di assunzione.

Tutte le successive modifiche e informazioni concernenti il Modello saranno tempestivamente comunicate ai Destinatari attraverso i canali informativi ufficiali.

 

5.2 Il piano di formazione

La formazione del personale ai fini dell’attuazione del Modello è gestita dal Direttore Generale in collaborazione con l’Organismo di Vigilanza.

Si prevedono interventi che

  • introducano alla normativa: il personale verrà reso edotto delle conseguenze, in capo alla Società, derivanti dall’eventuale commissione di reati da parte di soggetti che per essa agiscono, delle caratteristiche dei reati e della funzione che il Modello svolge in tale contesto;
  • illustrino le singole componenti del Modello: saranno approfonditi i principi contenuti nel Modello e nel Codice di Etico nonché il ruolo rappresentato dall’Organismo di Vigilanza e la conoscenza circa il sistema disciplinare. Inoltre saranno illustrati i principi comportamentali e di controllo a prevenzione dei principali reati presupposto specifici per la Società.

Per tutti i neo-assunti sarà prevista la partecipazione ad uno dei citati programmi di formazione 231, nel rispetto dei ruoli e delle responsabilità degli stessi, al fine di assicurare agli stessi le conoscenze considerate di primaria rilevanza.

La partecipazione ai momenti formativi è obbligatoria e sarà formalizzata attraverso la richiesta della firma di presenza ovvero meccanismi alternativi e l’inserimento nella banca dati dell’Organismo di Vigilanza dei nominativi dei partecipanti.

SEZIONE SESTA

  1. L’aggiornamento del Modello

L’efficacia e la concretezza del Modello viene valutata anche con riferimento alla dinamicità dello stesso, ovvero alla capacità di seguire i cambiamenti organizzativi della Società e del contesto normativo di riferimento. Ciò determina la necessità di procedere, da parte dell’Organismo di Vigilanza, ad una costante attività di aggiornamento del Modello.

La Società attribuisce al Consiglio di Amministrazione il potere di adottare, sulla base anche di indicazioni e proposte provenienti dall’Organismo di Vigilanza, modifiche e/o integrazioni al Modello ed ai suoi allegati che si dovessero rendere necessarie in conseguenza di:

  • significative violazioni delle prescrizioni del Modello adottato;
  • modifiche normative che comportano l’estensione della responsabilità amministrativa degli enti ad altre tipologie di reato per le quali si reputi sussistente un rischio di commissione nell’interesse o a vantaggio della Società;
  • significative modifiche intervenute nella struttura organizzativa, nel sistema dei poteri e nelle modalità operative di svolgimento delle attività a rischio e dei controlli a presidio delle stesse.

La modifica e l’integrazione della normativa aziendale non costituisce modifica al Modello.

 

 

ALLEGATI

 

  1. Organigramma
  2. I reati e gli illeciti amministrativi per i quali trova applicazione il D.Lgs. 231/2001 in relazione alle attività della Società.
  3. La mappatura del rischio.
  4. Il Codice di Etico.

 

 

[1] La legge 29 settembre 2000, n. 300, nel delegare al governo la definizione di un sistema di responsabilità sanzionatoria amministrativa degli enti e delle società, ha ottemperato agli obblighi previsti da alcuni protocolli e convenzioni internazionali ratificate dall’Italia, relative alla responsabilità degli enti collettivi per talune fattispecie di reato, tra le quali la Convenzione sulla tutela degli interessi finanziari delle comunità europee (Bruxelles, 26 luglio 1995) e relativo primo Protocollo (Dublino, 27 settembre 1996), la Convenzione relativa alla lotta contro la corruzione nella quale sono coinvolti funzionari delle comunità europee o degli Stati membri dell’Unione Europea (Bruxelles, 26 maggio 1997), la Convenzione OCSE sulla lotta alla corruzione di pubblici ufficiali stranieri nelle operazioni economiche internazionali (Parigi, 17 dicembre 1997).

[2] Art. 5, comma 1, del D.Lgs. n. 231/2001: “Responsabilità della società – La società è responsabile per i reati commessi nel suo interesse o a suo vantaggio: a) da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione della società o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale nonché da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso; b) da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti di cui alla lettera a).

[3] Per il dettaglio dei reati ed illeciti amministrativi per singola famiglia si rimanda all’Allegato 2 “I reati e gli illeciti amministrativi per i quali trova applicazione il D.Lgs. 231/2001, relativi all’attività della Società”-

[4]L’art. 4 del D.Lgs. 231/2001, sotto la rubrica “ reati commessi all’estero”, prevede:

1. nei casi e alle condizioni previsti dagli articoli 7, 8, 9 e 10 del codice penale, gli enti aventi nel territorio dello Stato la sede principale rispondono anche in relazione ai reati commessi all’estero, purchè nei loro confronti non proceda lo Stato del luogo in cui è stato commesso il fatto.

  1. Nei casi in cui la legge prevede che il colpevole sia punito a richiesta del Ministro della Giustizia, si procede contro l’ente solo se la richiesta è formulata nei confronti di quest’ultimo”.

[5]Il D.Lgs. 9 luglio 2004 n. 197 ha inserito nel T.U.B. la nuova Sezione V-bis (Responsabilita’ per illecito amministrativo dipendente da reato), che contiene un solo articolo (97-bis) che vieta l’applicazione, in via cautelare, delle sanzioni dell’interdizione dall’esercizio dell’attività, della sospensione/revoca delle autorizzazioni e del commissariamento giudiziale ex art 15 D.Lgs. 231/2001. Stessa soluzione viene operata dal D.Lgs. 197/2004 per il T.U.F., che viene novellato con l’aggiunta di un nuovo art 60-bis (Responsabilita’ delle SIM, delle SGR e delle SICAV per illecito amministrativo dipendente da reato).